Pregare bene
Nella Chiesa e, ovviamente, in Azione Cattolica (che ne è una parte importante) l’invito a pregare è costante. Tuttavia preghiamo spesso per fini particolari, per qualcosa che desideriamo molto ritenendola un bene. In sé questo fatto non è un male; lo diventa, tuttavia, se ci arrabbiamo con Dio quando non otteniamo ciò che gli abbiamo chiesto pregando.
In questi casi il dispiacere è un fenomeno naturale, ma dobbiamo riuscire a vincere la rabbia. Oltre tutto on sappiamo mai, infatti, se ciò che chiediamo è veramente un bene. Se non lo è, Dio lo sa, e per questo non ci accontenta, e lo fa perché ci vuole bene.
Due episodi:
- Molti anni fa una signora – già compagna di scuola di mia madre – mi raccontò che nel 1943 il marito arrivò tardi alla stazione ferroviaria, ma scoprì che il treno per Cosenza era partito da pochissimo. Allora i treni locali erano molto lenti; per questo motivo approfittando di una curva il marito riuscì a precederlo e si fece riconoscere dal macchinista, suo collega, che si fermò e lo fece salire. Era felice. Ma nel momento in cui giunse a Cosenza la stazione fu bombardata, e il ritardatario morì.
- In un certo periodo aspiravo a vincere un concorso, ma non ci sono riuscito. Ovviamente non ero contento. Qualche anno dopo ho fatto un’esperienza provvisoria di ciò che avevo implicitamente chiesto, e ho scoperto che, se avessi vinto sarei stato un infelice, perché la nuova posizione non era fatta per me. E ora ringrazio Dio.
La conclusione è ovvia: noi non conosciamo il futuro, ma Dio sì. E se non ci concede ciò che gli chiediamo avrà certamente le sue buone ragioni. Perciò è meglio concludere le nostre preghiere dicendo: «Non accontentarmi se ciò che ti chiedo potrebbe essere un male per me o per altri». Ovviamente, finché siamo convinti di chiedere un bene, è sempre meglio continuare a chiederlo. Infatti Gesù ci ha invitati varie volte a pregare con insistenza.