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PROSSIMITA’ è INTERCETTARE I BISOGNI E PRENDERSI CURA

“Ci siamo trovati impauriti e smarriti”, diceva così Papa Francesco nell’indulgenza Plenaria del 27 marzo. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi. Con questo atteggiamento vogliamo continuare a far vibrare le corde più profonde della solidarietà, della fratellanza e dell’umanità che la pandemia, nella sua tragicità, ha fatto vibrare. Curare e prendersi cura sono confluiti in un’unica missione che è quella della centralità della persona. In questo tempo, nuovi bisogni e nuove cure emergono e diventano segno di prossimità. “Esserci” e “stare” sono gli elementi curativi, l’aiuto vero per attraversare situazioni dolorose, e recuperare la dignità della persona.

PROSSIMITA’ è SGUARDO ATTENTO

Il primo passo verso l’altro non è il nostro fare, ma il nostro sguardo. Magari non ce ne rendiamo conto, ma non sempre il nostro sguardo verso l’altro è il primo passo verso di lui: a volte gettiamo sguardi di sfida, di rimprovero, o li alziamo al cielo primi di interesse verso ciò che ascoltiamo.

Nella parabola del buon Samaritano, il sacerdote e il levita non si fermarono, perché i loro occhi non erano come quelli del Signore. Il Samaritano invece ha gli occhi di Dio e guarda all’umanità come la guarda Gesù.

 “Cristo, il Figlio di Dio, posa il suo sguardo sul dolore umano e si serve del dolore per rivelarci il suo amore, per incarnarvi la sua carità. Quanto “scendere” dev’essersi compiuto in me, se solo il dolore può rivelarmi l’amor di Dio! Quanta carità da parte di Dio, s’Egli ha dovuto risalire con noi ogni nostro Calvario, perché potessimo credere all’Amore.” (Don Primo Mazzolari, Tempo di credere, Brescia 1964, p. 103).

PROSSIMITA’ è FARE, FARE.

Dipende da me essere o non essere prossimo – la decisione è mia -, dipende da me essere o non essere prossimo della persona che incontro e che ha bisogno di aiuto, anche se estranea o magari ostile. E Gesù conclude: «Va’ e anche tu fa’ così» (v. 37). Bella lezione! E lo ripete a ciascuno di noi: «Va’ e anche tu fa’ così», fatti prossimo del fratello e della sorella che vedi in difficoltà. “Va’ e anche tu fa’ così”. Fare opere buone, non solo dire parole che vanno al vento. Mi viene in mente quella canzone: “Parole, parole, parole”. No. Fare, fare. E mediante le opere buone che compiamo con amore e con gioia verso il prossimo, la nostra fede germoglia e porta frutto. [Papa Francesco, Angelus di Domenica 10 luglio 2016]

PROSSIMITA’ è FARSI COMPAGNI DI STRADA

Ad ogni incontro di attenzione all’altro, deve far seguito una frequentazione. Non si può trovare un tesoro, in mezzo alla tempesta, per poi abbandonarlo quando torna a risplendere il sole; ricadremmo nella carestia, nella grande povertà! Bisogna invece continuare a realizzare il comandamento dell’amore lasciato da Gesù ai suoi discepoli: “Amatevi come io vi ho amato” (Gv 15,12) in una spiritualità del quotidiano e della prossimità. Ogni gesto di prossimità diventa allora un cammino fatto insieme, una strada percorsa, anche a fatica, ma mai in solitudine.

PROSSIMITA’ è COMMUOVERSI

La prossimità di Dio è espressione di un amore che si commuove (muovere con), ha compassione (patire con), parola che indica non tanto l’elemosina del ricco al povero, il soccorso del sano al malato, ma il vivere insieme la passione della vita del fratello e della sorella, la cui umanità è ferita. Per fare questo Gesù chiede una disponibilità totale, spinge a lavorare ad un progetto comune, ad entrare in una storia, un una stabilità di vita.

E noi dobbiamo chiedere a Cristo uno sguardo ed un cuore come il suo, di una profondità e una tenerezza inimmaginabile!

PROSSIMITA’ è AZIONE EDUCATIVA

I valori morali non vanno solo enunciati. Chiedono di essere concretamente sperimentati e assimilati in un cammino educativo, che ne riveli l’austera bellezza e l’intensa umanità contro le tentazioni della pigrizia, della stanchezza, dell’egoismo, dell’incomprensione da parte degli altri. Occorre che le comunità cristiane si impegnino, a vari livelli e con tutti gli strumenti possibili, a una seria e organica opera di educazione dei giovani ai valori morali. E proprio la graduale introduzione alle opere della carità può essere il momento più cruciale e fecondo di questa educazione. [Lettera Pastorale Del Card. P. Carlo Maria Martini (1986-1987)]

PROSSIMITA’ è NON AVERE FRETTA

Molto spesso la fretta e la superficialità caratterizzano l’incontro col prossimo. Nella parabola del buon samaritano la fretta del sacerdote e del levita nasconde probabilmente la paura di impegnarsi, la paura del fare.

Se ci fermiamo accanto a un povero derubato e bastonato, non si sa cosa potrà accadere: ci vuole tempo e pazienza, bisogna essere pronti a tutti, soprattutto a dare senza riserve e particolari condizioni. Se non siamo disposti a questo, lasciamo spazio alla paura, e passiamo oltre.

In questo tempo, amare con pazienza il prossimo, significa anche non limitarsi a un intervento personale, ma cercare realmente e risanare le condizioni economiche, sociali, politiche di quella povertà e dell’ingiustizia, ognuno con il suo piccolo ma fondamentale contributo.

PROSSIMITA’ è COMPRENSIONE E SILENZIO

Molto spesso ci capita di venire bloccati dalla nostra pigrizia. Quante volte i problemi degli altri ci sembrano più grandi di noi? E anche quando conosciamo le cose di cui un altro ha bisogno, la pigrizia frena il nostro agire. Situazioni come malattie gravi, situazioni socioeconomiche difficili, problemi psichici mettono spesso in bilico la quotidianità di tante persone. E in queste occasioni ci sembra di non riuscire davvero a fare niente. Ma dobbiamo smetterla di pensare di risolvere tutto, è questo che ci frena! La nostra prossimità è fatta di comprensione e di silenzio. La nostra prossimità è fatta di preghiera.

PROSSIMITA’ è FEDELTA’

Nella parabola del buon samaritano, chi si fa prossimo non presta solo soccorso al povero ma rivela la sua grande carità lasciando due denari e raccomandando al padrone dell’albergo: “Abbi cura di lui e quello che spenderai in più, lo pagherò io al mio ritorno”. Un gesto di prossimità diventa allora fedeltà a quell’uomo. Non lo abbandona, ma sa che può sempre aver bisogno di qualcosa.

La prossimità richiede una disponibilità incondizionata, pronta a far fronte ai bisogni sempre nuovi dei fratelli.

PROSSIMITA’ è la CAPACITA’ di FARSI DOMANDE

Il Papa descrive i desideri che nascono nel cuore dei giovani dinanzi ai bisogni dell’umanità: “Quello che vedo sorgere in voi è una nuova consapevolezza della vostra responsabilità e una schietta sensibilità per i bisogni della comunità umana. Voi siete turbati dalle grandi ingiustizie che ci circondano. Voi soffrite, quando vedete largamente diffuse la fame e la denutrizione. Voi siete interessati allo stato dell’ambiente, oggi e per le generazioni future. Voi siete minacciati dalla disoccupazione, e molti di voi sono senza lavoro e senza la prospettiva di un impiego adeguato. Voi siete sconvolti dal grande numero di persone, che sono politicamente e spiritualmente oppresse e che non possono godere dell’esercizio dei loro diritti umani fondamentali sia come individui che come comunità“.

Il Papa descrive le situazioni che reclamano un gesto di prossimità. E allora, per essere prossimi bisogna avere il coraggio di porsi alcune domande. La più basilare e fondamentale: chi è il vostro Dio? Noi non possiamo definire la nostra nozione di uomo senza definire un Assoluto, una pienezza di verità, di bellezza, di bontà, da cui riconosciamo che sono guidate le nostre vite. Un essere umano, “immagine visibile del Dio invisibile”, non può rispondere alla domanda circa chi sia lui senza dichiarare al tempo stesso chi sia il suo Dio”.