Di una cosa sola c’è bisogno
Di una cosa sola c’è bisogno è il titolo della presentazione dei cammini formativi 2018 -2019 dell’ACR del Settore Giovani e del Settore Adulti, avvenuta il 16 settembre presso il Seminario Arcivescovile di Rende.
L’evento ha visto la partecipazione di vari soci di AC impegnati come educatori, responsabili e presidenti nelle parrocchie della diocesi.
L’introduzione al tema “Di una cosa sola c’è bisogno” è stata curata da Don Dario De Paola Assistente Generale di Ac, con la lectio sul brano dell’Anno di Luca (10,38-42) attraverso il dipinto di J. Vermeer.
“La domanda che si è fatto San Luca – ha detto Don Dario – è stata: cosa dobbiamo Fare? Ed è la stessa domanda che ci dobbiamo fare noi come cristiani e come Azione Cattolica.
Gesù è venuto a salvare tutti indistintamente; tutte le categorie: i peccatori, gli stranieri i deboli, le donne.
I protagonisti di questo brano del Vangelo di Luca sono le donne (categoria da salvare) e sono “Marta” e “Maria”. ,
Gesù è in cammino, va incontro agli altri. Andare incontro agli altri è faticoso, vuol dire mettersi in discussione, vuol dire mettersi in nuove situazioni.
Gesù è in cammino, insieme ai discepoli, per il villaggio di Betania, viene accolto da Marta, la primogenita, e viene accolto bene. È l’accoglienza che fanno i sennita. Marta offre da mangiare e lava i piedi di Gesù. Lei ha una sorella di nome Maria che si siede ai piedi di Gesù -espressione idiomatica per indicare il discepolo- Maria è seduta ai piedi di Gesù e ascolta la sua parola. La mano destra sul mento, ascolta bene. I suoi occhi nella sua bocca. Attinge direttamente la parola di Gesù. Ascolta la Sua Parola e lo fa in libertà.
Lo facciamo anche noi? Siamo in ascolto della parola di Dio?
Maria ascolta la Parola di Dio mentre Marta è presa dai servizi. Marta, in questa agitazione generale, non ha pace. Deve preparare per 13 persone e si rivolge al Signore rimproverandolo: non ti curi che Maria mi ha lasciato sola, che non mi aiuta?
Maria è calma, guarda Gesù. Si è presa la parte migliore, è in Ascolto.
Maria non è statica, è stabile perché la sua vita si fonda sulla parola”.
I suggerimenti che vengono offerti da don Dario sono:
- Sono un cristiano che cammina? vado in cerca di persone che non mi cercano più? Vado verso gli altri? Come Maria, frequento i piedi del Signore?
- A volte facciamo tante cose ma senza il Signore. Sappiamo ospitare gli altri nella nostra vita? Ognuno di noi desidera una Betania ma noi dobbiamo essere Betania.
Nel piccolo principe, la volpe dice è il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante. E il dono del tempo è così prezioso al Signore; tempo dedicato agli altri; è vivere nella gratuità senza cercare niente per sé.
I lavori sono proseguiti con il saluto della presidente Katia Lappano: “il nostro cammino associativo continua con la seconda parola che papa Francesco ci ha lasciato per il triennio, ossia “generare” e la nostra diocesi quest’estate è stata generativa con l’arrivo di Emanuel, Pietro, Emilio. È un cerchio che si chiude con la perdita di Nico Carlucci, ma Lui continua a camminare con noi; lui che è stato generatore di relazioni e sostenitore dell’AC con “Passione Cattolica”. L’augurio che faccio – ha concluso Katia – è che possiamo avere la stessa passione di Nico e che possa essere una carica generativa per tutti noi”.
Tra i soci di AC ha preso posto anche il Vescovo Mons. Francesco Nolè che ha ascoltato gli ospiti, Carmine Gelonese e Annarita Ferrato, responsabili nazionali dell’Area Famiglia e Vita di Azione Cattolica.
Anche gli ospiti hanno ricordato Nico e come “la bellezza della storia” continui e continui grazie a persone come lui.
I punti di riflessione che gli ospiti hanno offerto sono stati tratti dal Magistero, dall’Amore Laetizia e dal Laudato sì di Papa Francesco.
“È necessario che ognuno di noi si interroghi, come singoli e come AC, – hanno detto – siamo qui perché siamo il frutto di un gesto di amore. Noi partecipiamo a questo concreatore.
Dio ha scommesso sulle nostre debolezze e sui nostri talenti. Questa è partecipazione attiva di Dio perché generare è un dono di Dio, è accoglienza della vita. La vita non solo si trasmette, prima ancora la si accoglie. Prendersi cura degli altri, decentrandosi da se stessi. E così nell’Ac bisogna generare processi di maturazione, di responsabilità. L’AC deve essere intesa come una famiglia, che può e deve incontrare tutti e prendersi cura dell’altro; deve accompagnare e favorire l’incontro con l’altro. L’AC è partecipazione e maternità della Chiesa, che promuove comunità.
La poesia di Gibran ci ricorda che i figli non sono nostri. Se ci fermiamo sull’immagine dell’arco, proviamo a domandarci chi siamo concretamente. Potremmo essere L’arciere o l’Arco? La Freccia o il vento che la muove? O quello che rallenta la freccia?
Come realtà di Ac dove siamo? In un ospedale da campo? Nel salotto buono? Nel circolo sociale?
Vogliamo un’AC tra la gente, nelle parrocchie, nei quartieri, nelle famiglie. Un’Ac che riannoda i fili di una società scucita, che sa articolare la differenza, la via che ci accomuna. Dobbiamo essere cercatori di unità e di bellezza.
Siamo generatori di relazioni con Dio, con il prossimo, con la terra.
Con la rottura di queste relazioni ci incamminiamo nel peccato.
La generatività deve esserci con i nostri assistenti e Sacerdoti.
Ci preoccupiamo se l’Acr ha un accompagnamento spirituale? Curiamo la parte spirituale? Un’AC che pensa a fare ma è attenta ai dettagli? Un’Ac che si preoccupa delle bellezze del creato? Che cura un posto abbandonato? Che crea alleanza con la povertà, con la disparità economica e sociale?”
Dopo l’intervento degli ospiti è stata celebrata la Messa presieduta dal Vescovo, il quale durante l’omelia ha evidenziato che una cosa sola è necessaria: l’ascolto. Tutto il resto viene solo dopo.
“Nella vita di ognuno – ha detto Mons. Nolé – capita che mettiamo al primo posto il “fare” e poi” l”Ascolto”. Ma al primo posto deve essere l’ascolto e di conseguenza la carità. Seguire il Signore è impegnativo.
Siamo testimoni credibili oltre che credenti, siamo impegnati.
I genitori cristiani sono i primi catechisti dei figli. L’impegno della famiglia non ha confini, i genitori sono soggetti di annuncio mentre gli educatori preparano ai sacramenti ma non alla vita. Chi ama il Signore sperimenta più problemi degli altri; sperimenta per fruire della Resurrezione. Nella famiglia bisogna volersi bene soprattutto quando ci sono momenti di divisione. E l’Ac è una famiglia che deve tendere verso l’Altro. Bisogna mettersi in ascolto e stare con Lui nonostante la Croce, ricordando che il Signore da Crocifisso perdona il Crocifissore”.
Dopo la pausa pranzo i lavori si concludono con la divisione in settori per la presentazione delle guide del cammino che identifica la nostra identità.
Noi non camminiamo soli, come dice il presidente, ma dobbiamo calarci nella realtà dell’Associazione in cui viviamo.
I lavori terminano con i ringraziamenti agli ospiti e con l’augurio di un buon cammino a tutti.